
tratto da directsellingnews
Negli ultimi anni, la cosiddetta gig economy — l’economia dei lavoretti on demand — ha promesso libertà e flessibilità a milioni di persone. Piattaforme come Uber, DoorDash o Fiverr hanno reso semplice iniziare a guadagnare: bastano un’app, un profilo e la disponibilità a lavorare. Tuttavia, dietro l’apparente autonomia, si nasconde una realtà sempre più fragile.
Paghe variabili, assenza di tutele, algoritmi imprevedibili e modelli di business che cambiano di continuo: per molti lavoratori digitali non c’è alcuna prospettiva di costruire qualcosa di duraturo. Come spiegava Marshall McLuhan, è una forma di “servitù digitale”: si lavora su una terra che non si possiede, mentre un algoritmo decide le regole del gioco. Libertà all’inizio, dipendenza alla fine.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, questo squilibrio è destinato a crescere: automazione e intelligenze sintetiche stanno erodendo il valore del contatto umano. Ed è proprio per questo che la prossima era non sarà definita dai “lavoretti”, ma dalle relazioni. Sta nascendo la relationship economy, e il settore del direct selling è pronto a guidarla.
Come ricordava John T. Fleming nel suo libro The Ultimate Gig, la vendita diretta offre a persone comuni l’opportunità straordinaria di costruire non solo un reddito, ma uno stile di vita. L’era post-gig non nega questa visione — la rafforza.
Cosa rendeva attraente la gig economy
Nonostante le sue fragilità, il modello “on demand” ha avuto un enorme successo perché è semplice, immediato e con barriere d’ingresso minime. È facile iniziare e altrettanto facile smettere. Questa è una lezione che il direct selling deve fare propria: offrire esperienze altrettanto fluide, ma con in più la profondità delle relazioni e il valore che si moltiplica nel tempo.
Oggi oltre un terzo dei lavoratori statunitensi ha svolto almeno una volta un’attività nella gig economy. Tuttavia, secondo Gallup e Pew Research, molti di loro si dichiarano insoddisfatti della stabilità economica e delle prospettive di crescita. Qui nasce un’opportunità: il direct selling può posizionarsi non come l’ennesimo “lavoretto”, ma come una strada sostenibile per chi cerca libertà e, al tempo stesso, futuro.
Dalla dipendenza digitale alla costruzione di valore
Nella gig economy, chi lavora non possiede nulla: né clienti, né asset, né relazioni che producano valore nel tempo. Ogni guadagno finisce con la singola consegna o corsa. È un ciclo senza accumulo, un tapis roulant di attività senza prospettiva.
Nella relationship economy, invece, il valore cresce nel tempo. Le persone costruiscono reti di fiducia, clienti che ritornano, passaparola che si amplifica. La fiducia diventa un bene rinnovabile: una risorsa che genera reddito oltre la singola transazione. È il passaggio da “lavorare per guadagnare” a “costruire qualcosa che resta”.
Lezioni operative dalle piattaforme digitali
Uber non ha vinto perché era alla moda, ma perché era semplice da usare. Bastano pochi passaggi: scaricare, registrarsi, partire. Nel mondo della vendita diretta, questo si traduce in un principio fondamentale: la semplicità non è superficialità, ma struttura.
Ogni clic di troppo è una barriera; ogni modulo inutile è un ostacolo. Per vincere nella nuova economia delle relazioni, bisogna:
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Ridurre la complessità dei processi, soprattutto nei primi passi.
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Accorciare il tempo che separa l’onboarding dal primo guadagno.
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Alleggerire il carico burocratico per lasciare spazio alle attività che contano davvero: costruire reti e relazioni.
Quando semplicità e relazione si uniscono, il valore che si crea supera di gran lunga quello della gig economy.
Perché la Relationship Economy rappresenta un vantaggio competitivo
La differenza è chiara: la gig economy affitta il tempo, la relationship economy crea valore duraturo.
Nel direct selling:
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I clienti fedeli generano acquisti ripetuti, e quindi redditi ripetuti.
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I team moltiplicano i risultati senza aumentare le ore di lavoro individuale.
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La relazione con il cliente è un bene proprio, non un algoritmo in affitto.
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Gli ambasciatori del brand amplificano la fiducia, espandendo naturalmente la rete.
Una bussola strategica: la lente della tetrade di McLuhan
McLuhan proponeva di analizzare ogni innovazione con quattro domande chiave:
Cosa potenzia?
Cosa rende obsoleto?
Cosa recupera dal passato?
Cosa rischia di invertire, se portato all’estremo?
Sono domande utili anche per i leader del direct selling: stiamo davvero semplificando la vita delle persone o la stiamo complicando? Stiamo usando la tecnologia per connettere o per sostituire il contatto umano?
Dal ROI al ROR
Il tradizionale Return on Investment (ROI) resta importante, ma nella nuova economia serve anche un Return on Relationship (ROR): il valore che nasce da fiducia, lealtà e influenza.
L’intelligenza artificiale può essere un alleato, liberando tempo e risorse per concentrarsi su ciò che conta davvero: la connessione tra persone.
Come ricorda l’esperto Dan Debnam, “l’IA non sostituirà le persone. Ma le persone che sapranno usarla sostituiranno chi non lo farà”.
Le quattro colonne della fiducia nel direct selling
Secondo il veterano del settore Paul Goundry, la crescita sostenibile nella Relationship Economy si fonda su quattro pilastri di credibilità:
Fiducia nell’azienda – Visione chiara, reputazione e leadership.
Fiducia nell’opportunità – Meritocrazia reale e piani trasparenti.
Fiducia in sé stessi – La convinzione di poter riuscire, con supporto e formazione.
Fiducia di essere valorizzati – Riconoscimento, cura e senso di appartenenza.
Quando queste quattro colonne sono solide, la fiducia si moltiplica proprio come il reddito.
Verso un futuro fondato sulle relazioni
Milioni di persone non cecano solo flessibilità, ma significato, riconoscimento e relazioni autentiche.
Il direct selling può offrire tutto questo — se saprà raccontarsi con chiarezza e convinzione.
Il futuro non appartiene a chi affitta il proprio tempo, ma a chi costruisce legami.
La gig economy è stata un capitolo; la relationship economy sarà il libro intero